GIORGIO LA PIRA E L’EREDITA’ DEL SUO INSEGNAMENTO

Pubblichiamo una mirabile riflessione del prof. Berlingò – Amicus LIME – sull’eredità dell’insegnamento di La Pira, autentico gigante di quella cultura siculo-mediterranea verso cui orientare lo sguardo nell’impegno a costruire una cittadinanza euro-mediterranea e cosmopolita


INCONTRO SOCIO-SPIRITUALE: GIORGIO LA PIRA E L’EREDITA’ DEL SUO INSEGNAMENTO – 7 dicembre 2022, Liceo classico “G. La Farina”, Messina

                    

Le proiezioni mediterranee del “messinese” La Pira

Salvatore Berlingò

Emerito di Diritto ecclesiastico e canonico – Università degli Studi di Messina

          Un doveroso preliminare omaggio è dovuto alle studentesse ed agli studenti che in assorto silenzio hanno preso parte ai lavori di questa giornata giocando, per altro, un ruolo molto importante, quello di protagonisti dell’ascolto, un’attitudine che prelude all’accoglienza ed alla disponibilità e che, per tanto, risulta in piena sintonia con uno degli atteggiamenti caratteristici del personaggio la cui memoria ci proponiamo di evocare, Giorgio La Pira.

          Riconoscimento e gratitudine spettano, poi, agli organizzatori dell’incontro, in modo particolare alla Prof.ssa Marta Tigano, che, prima ancora di essere una mia cara e brava allieva, è stata una brillante alunna di questo Liceo “La Farina”.

         Apprezzamenti sentiti vanno inoltre rivolti alla Dirigente di detto Liceo, la Professoressa Caterina Celesti, che ci ospita con grande magnanimità ed avvertita comprensione per le tematiche affrontate quest’oggi.

         Un rigoroso pensatore teutonico, Ludwig Wittgenstein, della cui dottrina(Trattato logico-filosofico), pur quando non la si condivida, non può non farsi carico ogni serio percorso di studi, affermava due cose piuttosto allarmanti anche in ordine a quanto ci prefiggiamo di trattare, e cioè: a) che il passato non ci direbbe molto del presente e b) che di quanto non si ha una conoscenza empirio-logica, cioè fondata sull’esperienza, sarebbe meglio tacere.

         Queste affermazioni restringerebbero di molto il campo delle nostre conoscenzee non ci consentirebbero di apprezzare, per quel che merita, il messaggio insito nella figura di La Pira.

         Più equilibrata sembra essere la posizione di un teologo, italo-tedesco, Romano Guardini, secondo cui (Le età della vita) «ogni fase [della vita] è qualcosa di peculiare che non si lascia dedurre né da quella precedente, né da quella successiva», sicché proprio la consapevolezza della diversità tra i vari periodi dell’unica vita di ciascun individuo, anziché scoraggiarci per l’impossibilità di avere una conoscenza esatta del nostro avvenire, costituisce quel che Guardini chiama «tensione dell’esistenza» e quindi una sorta di «pungolo che dal profondo ci muove a viverla».

         Fra l’altro, la posizione di Guardini è quella che meglio ci consente di accostarci all’insegnamento consegnatoci dall’esperienza e dalla testimonianza di Giorgio La Pira, così come è stato recepito dal messinese Movimento culturale Nuova Presenza Giorgio La Pira, nonché perspicuamente ripreso e compiutamente tratteggiato in questa sede dal Prof. Centofanti, che di quel Movimento è il benemerito animatore.

        Ulteriori considerazioni personali mi sono suggerite dall’insistito riferimento di Francesco, il Papa argentino, a Giorgio La Pira, in quanto “sindaco santo” di Firenze(sindaco per due mandati:1951-1957 e 1961-1966; proclamato venerabile proprio da Francesco nel 2018), ma nativo di Pozzallo (Ragusa) e compagno di studi, nel messinese Istituto tecnico “A. M. Jaci” (anch’esso un Istituto d’Istruzione Superiore di questa Città, come il Liceo “La Farina”, dove ci troviamo) di personaggi altrettanto noti e, come Lui, segnati da una spiccata impronta siculo-mediterranea, quali il giurista Salvatore Pugliatti e il poeta Salvatore Quasimodo. 

        Fra l’altro, non credo proprio essere stato un caso che Pugliatti sia succeduto nella carica di Rettore dell’Università di Messina (dove La Pira s’iscrisse presso la Facoltà di Giurisprudenza nel 1922) a Gaetano Martino, l’anno prima che quest’ultimo si rendesse protagonista, nel 1955, della Conferenza di Messina,propedeutica rispetto ad ogni successivo evento di istituzione dell’Europa unita. E tutto ciò può dar conto di come le frequentazioni messinesi del giovane La Pira abbiano contribuito ad alimentare in Lui la vocazione europeista o, per meglio dire, euro-mediterranea.

         Tornando all’insistito richiamo del Papa a La Pira, esso non deve sorprendere,ove si ponga attenzione alla notevole e mirabile convergenza fra l’attuale successoredi Pietro e Giorgio La Pira nell’individuare il Mediterraneo, appunto, come luogo strategico ai fini della comunicazione e della comunione tra mondi differenti l’uno dall’altro. Del resto, quanto fosse radicata la sensibilità di La Pira per chi era da Lui (o dai più) “diverso” può comprendersi rammentando che si deve proprio ai Suoi interventi in seno all’Assemblea costituente se la nostra Carta fondamentale è stata strutturata in maniera tale da potersi considerare come casa comune per credenti, non credenti, diversamente credenti (rinvio sul punto al documentato volume a cura di Ugo De Siervo, La casa comune. Una Costituzione per l’uomo, Cultura ed., Firenze, 1979).

         Come ebbe modo di ricordare più volte La Pira, le sponde del MareMediterraneo sono state i luoghi d’insediamento di quelle che Egli denominava«civiltà metafisiche», l’ebraica, la cristiana, la musulmana, spesso, nel corso della storia, l’una contro l’altr’armate, eppure riconducibili, sempre secondo un’espressione sovente utilizzata da La Pira, all’unica, seppure «triplice famiglia di Abramo». 

          Orbene, analoghi concetti ha espresso il Pontefice, quando, nel messaggio pronunciato il 23 febbraio del 2020, in occasione dell’evento Mediterraneo, frontiera di pace – sottolineando che il «Mare nostrum è il luogo fisico e spirituale in cui hapreso forma la nostra civiltà, … risultato dell’incontro di popoli diversi» – ha affermato: «Si può dire che le sue dimensioni siano inversamente proporzionali alla sua grandezza, la quale porta a paragonarlo, più che a un oceano, a un lago, come già fece Giorgio La Pira. Definendolo “il grande lago di Tiberiade” – soggiunge Papa Francesco – Egli suggerì un’analogia tra il tempo di Gesù e il nostro…Come Gesù operò in un contesto eterogeneo di culture e credenze, così noi ci collochiamo in un quadro poliedrico e multiforme, lacerato da divisioni e disuguaglianze che ne aumentano l’instabilità».

         «In questo epicentro di profonde linee di rottura e di conflitti economici, religiosi, confessionali e politici – insiste il Pontefice – siamo chiamati ad offrire la nostra testimonianza di unità e di pace … [il cui] presupposto indispensabile [è] la giustizia…ostacolata [però]…dalla cultura dello scarto, che tratta le persone come fossero cose, e che genera e accresce le disuguaglianze, così che in modo stridentesulle sponde dello stesso mare vivono società dell’abbondanza e altre in cui molti lottano per la sopravvivenza». Ne discende – conclude il Papa – che nel «perseguireil bene comune – … [che è] un altro nome della pace – è da assumere il criterio indicato dallo stesso La Pira: lasciarsi guidare dalle “attese della povera gente”».

         Ed è proprio nella «collera dei poveri», insieme con la vieppiù accelerata evoluzione tecnologica e con la questione ambientale proiettata su di una scala pluriversa, che La Pira soleva, del resto, individuare, già al tempo suo, così come ora fa Papa Francesco, nelle Encicliche Laudato sì e Fratelli tutti, il «crinale apocalittico della storia».  

         Da questa crisi, così grave e incombente, se ne può uscire, in virtù di un esplicito e preciso insegnamento di La Pira – in cui davvero consiste la Sua eredità “socio-spirituale”, per rifarci al pertinente binomio che qualifica questo incontro – se ne può uscire – dicevo, col richiamare il messaggio da Lui consegnatocinell’Intervento alla decima Assemblea generale degli intellettuali cattolici Pax Romana, Beirut, 2-7 aprile 1956 (in Giorgio La Pira Sindaco. Scritti discorsi e lettere, a cura di Ugo De Siervo, Giovanni Giovannoni, Giorgio Giovannoni, vol. II, Nuova Cultura Editrice, Firenze, 1987-1988, pagg. 155-162) – coltivando «una speranza di lavoro, di casa, di assistenza, ma unita con la speranza dei beni più alti: la libertà, la vita spirituale», «perché – sempre ad avviso di La Pira – la crisi, essenzialmente metafisica e religiosa, [in atto da noi vissuta] non si vince che includendo questi valori nella scala integrale, teologale dei valori [medesimi]: rifacendo, cioè, della città dell’uomo e della civiltà dell’uomo un riflesso – anche se lontano – della città di Dio»